Akapana 2008

PROGETTO ESPLORATIVO ARCHEOLOGICO PAAK-AKAPANA
Si è conclusa con successo la Spedizione Akapana 2008 terza missione facente parte del progetto esplorativo Paak-Akakor, organizzata da Akakor Geographical Exploring in collaborazione con il Ministero della Cultura Boliviano, ed in particolare l’UNAR (Unità Nazionale di Archeologia).

L’obiettivo primario della spedizione era quello di esplorare una serie di tunnel sotterranei all’interno della piramide di Akapana situata a Tiwanaku, il sito archeologico più importante dell’America latina, in territorio Boliviano, a sud-est del lago Titicaca, ad un’altitudine di circa 4.000 msl., nella fase successiva era previsto di recarsi ai confini con il Cile per effettuare una ricognizione esplorativa in una vasta area cerimoniale sulla cordigliera Real.

IL MACRO CONTESTO OPERATIVO TIWANAKU
La città megalitica di Tiwanaku, il più importante sito archeologico dell’America Latina, si trova in Bolivia, al centro dell’altipiano andino, ad oltre 4.000 metri di altitudine, e rappresenta le vestigia di una civiltà precolombiana ormai scomparsa, che fu tra le più evolute del passato.

Controversa la datazione della sua origine: la cultura di Tiwanaku si sviluppò, secondo alcuni, a partire dall’anno 1600 a.C., altri ritengono di poter stabilire la sua nascita già a partire dal 2000 a.C. fino ad arrivare alle teorie di Posnasky, padre dell’archeologia boliviana, il primo scienziato ad interessarsi di Tiahuanaco, secondo cui la civiltà che l’edificò esisteva già prima del 10.000 a.C.

Con certezza si sa che, all’arrivo dei conquistatori spagnoli, la città era abbandonata ed in parte già in rovina (opera del tempo alla quale essi diedero un congruo contributo!) e che, persino all’arrivo degli Incas in Bolivia, la civiltà era irrimediabilmente decaduta.

Tiwanaku costituisce oggi un complesso archeologico d’enorme interesse. Questa comprende, tra le opere maggiori, la famosa “Porta del Sole” tagliata in un unico blocco di pietra di andesite di circa 10 tonnellate, decorata da 48 figure divise in tre file che circondano un personaggio che gli andini chiamano “Dio”, il Templete Subterraneo, una vasta area, disposta a circa due metri sotto il livello del suolo, con pianta quadrangolare delimitata da monoliti verticali su cui sono raffigurati, tra l’altro, oltre 170 visi di razze umane come caucasici, negroidi, asiatici e semitici, il Kalasasaya, una struttura di circa 2 ettari, con varie costruzioni all’interno e due importanti reperti quali l’Estela 8.

Ed il monolito El Fraile, Puma Punku un tempio che esprime una straordinaria qualità architettonica, con struttura piramidale e blocchi di ardesite e basalto di oltre 400 tonnellate, in cima alla quale una depressione quadrangolare suggerisce chiaramente il possibile sito di un tempio, un edificio di dimensioni colossali, indubbiamente uno dei maggiori dell’architettura di Tiwanaku. Ed infine l’Akapana un edificio piramidale a sette livelli rivestito di ciclopici blocchi di arenaria e andesite lavorata, per secoli semplicemente conosciuta come “La carrera” – la cava -, nome che ben lascia intuire quanto di questo straordinario edificio sia andato perduto nel corso dei secoli. Con una base di circa 180 metri di lato e un’altezza di 35, oggi ridotti a meno della metà, l’Akapana è una delle più grandi piattaforme artificiali al mondo.

IL CONTESTO OPERATIVO LA PIRAMIDE DI AKAPANA
Diversamente dalle grandi piramidi mesoamericane, la piramide Akapana presenta una base di forma scalonata, la quale richiama nella pianta una croce andina. particolare ripetuto più volte in tutto il centro cerimoniale.

Sette gradoni sovrapposti si innalzavano originariamente fino ad un’altezza di circa 35 metri, attraversate da imponenti scalinate fiancheggiate a loro volta da piedistalli e statue di basalto nero. Alcune di queste statue, recentemente portate alla luce, raffigurano con tratti straordinariamente plastici e precisi le fisionomie di puma seduti o figure umane L’ascesa alla sommità della piramide era probabilmente scandita da una successione di portali monolitici in andesite, dei quali solo uno resta attualmente in sito, caduto e spezzato in più parti.

Attualmente dell’antico tempio solo due file parallele di pilastri, tuttora semisepolti, restano a indicare la posizione di quello che era probabilmente uno dei due ingressi principali, precisamente orientati verso il sorgere ed il calare del sole.

La sommità della piramide venne invece completamente squarciata da cacciatori di tesori, che vi aprirono un’enorme voragine. Asportando manufatti e distruggendo struttura, ora non restano che pochi elementi decorativi a testimonianza dell’antico splendore di questo tempio, interamente costruito di enormi blocchi di andesite perfettamente giuntati fra loro.

Ciò desta tuttavia il maggiore interesse è quanto si potrebbe celare sotto al tempio stesso. L’intera piramide risulta, infatti, attraversata da un dedalo di passaggi, tunnel e condutture, a loro volta intersecate da pozzi verticali e collettori più piccoli, a riprova di un’opera ingegneristica con pochi eguali nel mondo antico, al punto da suggerire ardite analogie con gli identici condotti all’interno della grande piramide di Giza e dar così vita ad un’incredibile successione di ipotesi riguardo all’esistenza di camere segrete all’interno o al di sotto della piramide.

Degna di nota è altresì la straordinaria qualità tecnica raggiunta dagli antichi costruttori nell’assemblaggio dei blocchi litici, ben attestata da una serie di incastri a coda di rondine che garantivano una perfetta tenuta dei giunti pavimentali.

SPEDIZIONE AKAPANA 2008
Akapana 2008 ha sintetizzato il concetto moderno di esplorazione coinvolgendo 5 ricercatori che in 25 giorni di Spedizione hanno prodotto ricerche archeologiche di assoluto rilievo, i cui risultati permetteranno di approfondire le conoscenze di queste civiltà precolombiane, di sicuro fra le più evolute del passato.

Lo staff AKAKOR composto da: Lorenzo Epis: Italiano Speleologo e Archeologo, Soraya Ayub Brasiliana geologa e speleologa, Alessandro Anghileri Italiano Speleologo e Tecnico di soccorso, Paolo Costa Italiano speleologo esperto in comunicazione ed informatica ed Edoardo Parejas Boliviano Archeologo ha concretizzato gli obiettivi della spedizione, sperimentando metodi e tecnologie non convenzionali implementate da esperienze pluridisciplinari e ultradecennali.

Le missioni precedenti effettuate nel 2006 e 2007 ci hanno permesso di raccogliere numerose informazioni, in riferimento alle attrezzature da utilizzare, ai metodi di ricerca ed alle tecniche esplorative da impiegare in questa spedizione.

Sono stati ripercorsi dopo 4000 anni i tunnel situati all’interno della piramide di Akapana, non senza difficoltà, visto le angustie misure ( 50 cm x 60 cm ), sono state recuperati alcuni manufatti, raccolti campioni di stalattiti per essere esaminate e datate ed infine è stato installato al centro del tunnel principale un apparecchio elettronico ( data logger testo ) che registrerà per un anno una serie di dati quali movimento, temperatura umidità ecc ecc, inoltre sono stati effettuati rilievi, immagini digitali e filmati allo scopo di poter definire un modello in 3D per una miglior definizione architettonica della struttura.

Le tecniche adottate hanno permesso effettuare le esplorazioni con un margine di rischio accettabile, in funzione del fatto che le penetrazioni in ambienti sconosciuti e confinati possono rappresentare una serie di difficoltà tecnico emotive.

La persona che effettuava l’esplorazione dei tunnel, era sempre in contatto attraverso un sistema di comunicazione con lo staff esterno e con un tecnico soccorritore che stazionava costantemente in posizione intermedia ad una ventina di metri dall’uscita.

Tutte le comunicazioni entro i componenti dello staff in azione sono state registrate per poter raccogliere il massimo numero d’informazioni, ed inoltre sul casco dell’archeologo esploratore sono state fissate delle lampade led ad alta luminosità ed una microtelecamera.

Nella prima fase esplorativa sono state utilizzate delle maschere speciali per evitare d’inalare sostanze venefiche che avrebbero potuto trovarsi negli ambienti interni, e sono stati utilizzati degli apparecchi rilevatori elettronici in grado di analizzare i gas presenti, segnalando immediatamente la presenza di elementi tossici.

La permanenza nei tunnel era stata determinata per periodi continuativi non superiori ad un’ora, e prevedeva al massimo la contemporaneità di due esploratori.

La possibilità d’interagire con un collega ed in contemporanea con lo staff esterno si è rivelata essenziale ai fini di una miglior comprensione degli ambienti da studiare, e particolarmente efficiente si è rivelata la composizione multidisciplinare dello staff, in funzione della primaria importanza di poter effettuare esplorazioni con differenti “ visioni, quindi rilievi archeologici comparati con analisi geologiche e chimiche hanno permesso di massimizzare l’impegno profuso.

Il tunnel principale presenta a circa due terzi del suo sviluppo una rottura causata probabilmente da un forte evento sismico, e nella parte finale verso l’esterno della piramide, una grande quantità di depositi argillosi che ci hanno impedito la prosecuzione.

Nel mese di dicembre è prevista la terza fase di ricerca e studio, e durante un periodo di circa 30 giorni si cercherà di approfondire i misteri di questa piramide e di conoscere più profondamente le religioni, l’iconografia del potere e le divisioni sociali di queste straordinarie culture andine precolombiane.

Vogliamo infine segnalare l’indispensabile collaborazione ricevuta dal Vice ministero della cultura Boliviano, dall’UNAR – Unità Nazionale di Archeologia – e dal Direttore del Centro di Tiwanaku e l’Ambasciata Italiana.

Successivamente lo staff si è recato nelle regioni vulcano andine di Ascotan al confine con il Cile e l’Argentina a 4.800 di altitudine dove sono stati rilevati siti di notevole interesse archeologico fra cui il più importante è costituito da una barriera corallina fossile utilizzata come necropoli, con numerose mummie e manufatti in ottimo stato di conservazione.