Akapana 2008

La Spedizione Akapana 2008 è stata divisa in due parti, una realizzata ad agosto 2008 e la continuazione a dicembre dello stesso anno. Entrambi hanno fatto parte del progetto esplorativo PAAK – PROGETTO ARCHEOLOGICO AKAKOR, organizzata da AKAKOR GEOGRAPHICAL EXPLORING in collaborazione con il Ministero della Cultura Boliviano, ed in particolare l’UNAR – UNITA’ NAZIONALE DI ARCHEOLOGIA DELLA BOLIVIA.

L’obiettivo primario della spedizione era quello di esplorare una serie di tunnel sotterranei all’interno della piramide di Akapana situata a Tiwanaku, il sito archeologico più importante del Sudamerica, in territorio Boliviano, a sud-est del lago Titicaca, ad un’altitudine di circa 4.000 msl.

Nella fase successiva era previsto di recarsi ai confini con il Cile per effettuare una ricognizione esplorativa in una vasta area cerimoniale sulla cordigliera Real.

IL MACRO CONTESTO OPERATIVO TIWANAKU
La città megalitica di Tiwanaku, il più importante sito archeologico dell’America Latina, si trova in Bolivia, al centro dell’altipiano andino, ad oltre 4.000 metri di altitudine, e rappresenta le vestigia di una civiltà precolombiana ormai scomparsa, che fu tra le più evolute del passato.
Controversa la datazione della sua origine la cultura di Tiwanaku si sviluppò, secondo alcuni, a partire dall’anno 1580 a.C., altri ritengono di poter stabilire la sua nascita già a partire dal 2000 a.C. fino ad arrivare alle teorie di Posnansky, padre dell’archeologia boliviana, il primo scienziato ad interessarsi di Tiwanaku, secondo cui la civiltà che l’edificò esisteva già prima del 10.000 a.C.

Con certezza si sa che, all’arrivo dei conquistatori spagnoli, la città era abbandonata ed in parte già in rovina (opera del tempo alla quale essi diedero un congruo contributo!) e che, persino all’arrivo degli Incas in Bolivia, la civiltà era irrimediabilmente decaduta.
Tiwanaku costituisce oggi un complesso archeologico d’enorme interesse.
Questa comprende, tra le opere maggiori, la famosa “Porta del Sole” tagliata in un unico blocco di pietra di andesite di circa 10 tonnellate, decorata da 48 figure divise in tre file che circondano un personaggio che gli andini chiamano “Dio”.

Il Templete Subterraneo, una vasta area, disposta a circa due metri sotto il livello del suolo, con pianta quadrangolare delimitata da monoliti verticali su cui sono raffigurati, tra l’altro, oltre 170 visi di razze umane come caucasici, negroidi, asiatici e semitici, il Kalasasaya, una struttura di circa 2 ettari, con varie costruzioni all’interno e due importanti reperti quali l’Estela 8 ed il monolito El Fraile.

Puma Punku un tempio che esprime una straordinaria qualità architettonica, con struttura piramidale e blocchi di andesite e basalto di oltre 400 tonnellate, in cima alla quale una depressione quadrangolare suggerisce chiaramente il possibile sito di un tempio, un edificio di dimensioni colossali, indubbiamente uno dei maggiori dell’architettura di Tiwanaku.

Ed infine l’Akapana un edificio piramidale a sette livelli rivestito di ciclopici blocchi di arenaria e andesite lavorata, per secoli semplicemente conosciuta come “La carrera” – la cava -, nome che ben lascia intuire quanto di questo straordinario edificio sia andato perduto nel corso dei secoli. Con una base di circa 180 metri di lato e un’altezza di 35, oggi ridotti a meno della metà, l’Akapana è una delle più grandi piattaforme artificiali al mondo.

Il Mistero della Piramide di Akapana
Akapana non è una piramide come le altre. A differenza delle imponenti piramidi mesoamericane, la sua base non è quadrata, ma una pianta a croce andina, un simbolo sacro che si ripete in tutto il complesso cerimoniale. Un tempo, sette gradoni sovrapposti si ergevano per 35 metri, una sorta di montagna artificiale nel cuore dell’antica Tiwanaku.

Le sue imponenti scalinate erano un’ascesa sacra, fiancheggiate da piedistalli e statue di basalto nero che ritraevano figure umane e, con straordinaria precisione, puma seduti. Salendo, si attraversavano portali monolitici in andesite. Oggi, purtroppo, ne rimane solo uno, spezzato e caduto, a testimoniare il suo glorioso passato.

Ma il tempo e la distruzione hanno lasciato il loro segno. Della struttura originale rimangono solo due file parallele di pilastri semisepolti che segnano gli ingressi principali, misteriosamente orientati verso il sorgere e il tramontare del sole.
E la sommità? È stata completamente sventrata da cacciatori di tesori, un’enorme voragine che ha cancellato secoli di storia. Sebbene il tempio, costruito con enormi blocchi di andesite incastrati a perfezione, sia stato depredato, pochi elementi decorativi sopravvivono, un flebile ricordo del suo antico splendore.

Un Segreto Sotto la Piramide
Ciò che rende Akapana davvero affascinante è il segreto che potrebbe nascondersi sotto la sua superficie. L’intera piramide è un labirinto di passaggi, tunnel e condotti, un’opera di ingegneria così avanzata da evocare audaci paragoni con le condotte della Grande Piramide di Giza. Questa complessa rete di canali ha alimentato una serie di affascinanti ipotesi su camere segrete e tesori nascosti sia all’interno che al di sotto della struttura.
Oltre all’ingegno, ciò che colpisce è la maestria tecnica dei costruttori. Le pietre sono unite con una precisione sbalorditiva, usando incastri a coda di rondine che garantiscono una tenuta perfetta.

La Spedizione Akapana 2008: L’Esplorazione Moderna
Nel 2008, la spedizione Akapana ha ridefinito il concetto di esplorazione archeologica.
Un team di cinque ricercatori del gruppo AKAKOR, tra cui Lorenzo Epis, Soraya Ayub, Alessandro Anghileri, Paolo Costa ed Edoardo Parejas, ha unito conoscenze pluridisciplinari per produrre risultati di ricerca all’avanguardia.

La loro missione? Approfondire la conoscenza di queste civiltà precolombiane, tra le più evolute del passato.

Basandosi su spedizioni precedenti, il team ha affrontato l’impresa con attrezzature e tecnologie avanzate. Dopo 4000 anni, hanno ripercorso i tunnel interni della piramide.
Un’impresa non da poco, dato che i passaggi sono strettissimi, appena 50×60 cm. Nonostante le difficoltà, hanno recuperato manufatti e campioni di stalattiti per la datazione.
Inoltre, hanno installato un dispositivo elettronico, un data logger, per monitorare per un anno intero movimenti, temperatura e umidità, creando anche un modello 3D dettagliato della struttura.
L’esplorazione, sebbene rischiosa, è stata gestita con meticolosa attenzione alla sicurezza.

I ricercatori indossavano maschere speciali per evitare di inalare gas nocivi e usavano rilevatori per identificare immediatamente sostanze tossiche. Per massimizzare la sicurezza, la permanenza nei tunnel era limitata a un’ora alla volta, con al massimo due esploratori contemporaneamente, sempre in contatto via radio con il resto dello staff e un tecnico soccorritore.

Il lavoro multidisciplinare del team si è rivelato cruciale: l’unione di archeologia, geologia e chimica ha permesso di ottenere una visione completa e dettagliata degli ambienti interni. La spedizione ha rivelato che il tunnel principale è interrotto da una probabile rottura sismica e ostruito da depositi argillosi, impedendo ulteriori progressi per ora.

Oltre Akapana

Oltre ad Akapana, la spedizione ha esteso le sue ricerche anche nelle remote regioni vulcaniche delle Ande, al confine tra Cile e Argentina, a 4.800 metri di altitudine. Qui, hanno scoperto siti di notevole interesse, tra cui una barriera corallina fossile utilizzata come necropoli, con numerose mummie e manufatti sorprendentemente ben conservati.